top of page
Screenshot 2024-07-20 alle 10_edited.png

INTERVENTI

L’ablazione transcatetere mediante radiofrequenza è una procedura che consente di curare molte aritmie e consiste nella eliminazione dei focolai o delle vie elettriche anomale che sono responsabili dell’aritmia stessa. L’ablazione viene eseguita  dopo lo studio elettrofisiologico e, nella maggior parte dei casi, viene effettuata nella stessa seduta. Esistono diverse tecniche di ablazione. Le principali tecniche di ablazione sono due, la convenzionale  in cui i cateteri vengono guidati all’interno del cuore sotto il solo controllo dei raggi X e quella con sistema di navigazione che permette la ricostruzione tridimensionale  (3D) delle camere cardiache con notevole riduzione dell’uso dei raggi X ed una maggiore precisione nella localizzazione dei cateteri all’interno del cuore rispetto alla tecnica convenzionale.  Abbiamo a disposizione diverte fonti di energia per eseguire l’ablazione, la radiofrequenza, la crioenergia (prevalentemente utilizzata per i casi perdiotrici) e il laser. La complessità e la efficacia della ablazione varia per ogni tipo di aritmia. Si passa perciò da ablazioni relativamente semplici e con alta percentuale di successo come la ablazione delle tachicardie parossistiche sopraventricolari, ad ablazioni con complessità intermedia come le ablazioni per fibrillazione atriale e tachicardie atriali  ad ablazioni complesse come le ablazioni per tachicardie ventricolari.

L’ablazione epicardica transcatetere mediante radiofrequenza è una procedura che consente di curare molte aritmie e consiste nella eliminazione aritmie complesse spesso localizzate nei ventricoli (prevalentemente sinistro) L’ablazione viene eseguita dopo lo studio elettrofisiologico e nella maggior parte dei casi viene effettuata nella stessa seduta. Nel caso in cui la aritmie fosse localizzata sulla suoerficie epicardica (cioè la parte più esterna del cuore, la sua superficie) si rende necessario un approccio epicardico per raggiungere il sito da trattare. La procedura deve essere svolta in anestesia totale perché è necessario ottenere un accesso all’epicardio per via percutanea subxifoidea (puntura sotto lo sterno con un particolare ago ed inserimento di un tubicino) o per via chirurgica con la creazione di una finestra subxifoidea (piccola incisione di 4 cm sotto lo sterno).

Lo studio elettrofisiologico endocavitario è un esame che studia il sistema elettrico del cuore, l’origine e la conduzione degli impulsi elettrici che permettono al cuore di contrarsi e di svolgere la propria funzione. Quando il sistema elettrico del cuore presenta delle anomalie, si verificano delle aritmie cardiache, che possono manifestarsi con un battito troppo accelerato o troppo lento o irregolare, causando sintomi quali palpitazioni, difficoltà nel respiro, vertigini, perdita di coscienza. Le aritmie cardiache possono essere causate da diversi meccanismi: presenza di una via elettrica anomala o di un circuito elettrico o di un focolaio che scarica impulsi ad alta frequenza o di impulsi disorganizzati che fanno contrarre il cuore in maniera rapida ed irregolare oppure da un cattivo funzionamento delle strutture da cui originano gli impulsi elettrici “normali” o sinusali quali il nodo del seno o il nodo atrio-ventricolare. Le aritmie inoltre possono essere generate in diverse sedi del cuore. Lo studio elettrofisiologico endocavitario consente la diagnosi precisa del meccanismo e della sede dell’aritmia e rappresenta la base per un corretto trattamento.

In presenza di un episodio di fibrillazione atriale sintomatica che non risponde ai medicinali antiaritmici, il medico potrebbe suggerire di sottoporsi a una procedura chiamata cardioversione elettrica, che ha lo scopo di riportare il cuore a un ritmo normale (ritmo sinusale). Questa procedura in genere è programmata in anticipo e comporta l’erogazione di una scossa elettrica controllata al cuore. L’impulso elettrico è sufficientemente intenso da arrestare brevemente i segnali elettrici generati dal cuore e permette al pacemaker naturale del cuore, “il nodo seno-atriale” di riprendere la sua normale attività e di ripristinare così il normale ritmo sinusale. La cardioversione elettrica viene eseguita in ospedale utilizzando un’apparecchiatura chiamata defibrillatore. Prima della cardioversione il paziente riceve un’iniezione (anestetico) che induce sonnolenza perché la procedura può essere leggermente fastidiosa. In questo modo durante la procedura non si avvertirà nulla. Occorre tenere presente che anche dopo una cardioversione riuscita (grazie alla quale il ritmo cardiaco torna al normale ritmo sinusale) è possibile che la fibrillazione atriale ricompaia. Questo succede in circa la metà dei pazienti durante il primo anno successivo alla procedura di cardioversione. Le probabilità che la fibrillazione atriale ricompaia dipendono da molti fattori, ma sono maggiori se si soffre di altri problemi cardiaci (compresa la pressione del sangue elevata) e se si soffre di fibrillazione atriale da più di 1 anno. È possibile ottenere la cardioversione anche con determinati medicinali utilizzati per controllare il ritmo. Si parla in questo caso di cardioversione farmacologica perché invece di una scossa elettrica vengono utilizzati medicinali per cercare di riportare il cuore al ritmo normale. Anche questa procedura viene eseguita in ospedale. Al paziente viene somministrato endovena questo medicinale con una flebo nel braccio e la frequenza cardiaca viene monitorata continuamente durante la procedura. Prima della cardioversione, elettrica o farmacologica, è necessario assumere un anticoagulante per almeno 1 mese prima della procedura. In alternativa, dovrà essere eseguita un’ecocardiografia transesofagea per escludere la possibilità di coaguli di sangue nel cuore prima della cardioversione. Per ridurre il rischio di ictus, sarà necessario continuare ad assumere il medicinale che fluidifica il sangue per almeno 2 mesi dopo la procedura di cardioversione. A seconda del rischio generale di ictus, il medico potrebbe chiedere al paziente di continuare ad assumere un medicinale che fluidifica il sangue per il resto della vita. Le complicanze, sebbene rarissime, della cardioversione elettrica esterna sono: Ictus, Emobolie, Bradicardia.

L’impianto loop recorder è utile in presenza di sintomi e/o eventi aritmici sospetti. Risulta particolarmente utile quando la sospetta aritmia (specie se asintomatica) od i sintomi si presentano di rado e non risultano perciò registrabili con altri sistemi come gli Holter cardiaci. Cos’e un loop recorder? Il loop recorder è un piccolo dispositivo costituito da una batteria e da un circuito elettronico, che consente di registrare il battito cardiaco senza inserzione di cateteri nel cuore. Come si impianta? L’impianto di loop-recorder viene effettuato in anestesia locale. Mediante una incisione cutanea il loop-recorder viene inserito sotto la pelle e la piccola ferita viene richiusa con alcuni punti di sutura. Dopo il tempo necessario per ottenere la diagnosi clinica o all’esaurimento della batteria il dispositivo viene espiantato. L’espianto richiede l’incisione della cute, l’estrazione del dispositivo e la successiva chiusura della cute con punti di sutura riassorbibili. Rischio Il rischio di un impianto/espianto di loop-recorder è generalmente bassissimo. Tra le complicanze che possono verificarsi vi sono è l’ematoma, le infezioni in sede di impianto.

Ogni singolo battito cardiaco è determinato da una contrazione muscolare attivata da un impulso elettrico. Il primo segnale elettrico origina dal pacemaker naturale del cuore, il Nodo Seno-Atriale, formato da cellule elettricamente attive e localizzato nella parte superiore dell’atrio destro. Questo nodo emette regolarmente segnali elettrici che si diffondono alle camere superiori del cuore (Atri). Gli impulsi poi viaggiano attraverso un ponte elettrico, il Nodo Atrio-Ventricolare, fino alle camere inferiori del cuore (Ventricoli). Un disturbo in qualche punto di questo percorso elettrico del segnale può alterare il battito regolare del cuore. Fortunatamente esistono i Pacemaker, che possono sostituire il sistema elettrico del cuore, se necessario. Che cosa è un Pacemaker definitivo? Il pacemaker è un piccolo dispositivo, impiantato in genere sotto la cute in sede sottoclaveare. E’ costituito da una batteria e da un circuito elettronico, che produce stimoli elettrici idonei a far contrarre il cuore. Gli impulsi elettrici vengono trasmessi fino al cuore attraverso dei fili elettrici sottili e resistenti, gli elettrocateteri. Attraverso questi cateteri il pacemaker è in grado, non solo di stimolare il cuore, ma anche di registrare l’attività elettrica del cuore, in maniera da intervenire solo quando è necessario. Esistono diversi tipi di pacemaker con diverse caratteristiche e modi di stimolazione, programmabili dall’esterno e vengono scelti dal medico in base alle esigenze del paziente. Precauzioni per portatori di pacemaker: Gli sport che provocano contatto fisico possono danneggiare il pacemaker. La Risonanza Magnetica funziona con potenti magneti (ma attualmente quasi tutti i tipi di pacemaker, se impiantati con elettrocateteri idonei, sono compatibili con la risonanza magnetica. Se avete in programma di eseguire tale test, ricordatevi di informare il vostro Medico che avete un pacemaker! I sistemi di sicurezza come quelli degli aeroporti, possono causare problemi al pacemaker solo se ci si trattiene a lungo sotto il campo magnetico. Passare attraverso la porta magnetica anche più volte non provoca problemi. Tuttavia, i pazienti con pacemaker dovrebbero evitare di sostarci. Forni a microonde, telefoni cellulari e coperte elettriche non interferiscono con il pacemaker. Il pacemaker ha una sua batteria. Il livello di carica della batteria viene controllato periodicamente. La batteria ha una durata variabile, dipendente da diversi fattori (percentuale di stimolazione ed energia energia necessaria alla stimolazione), in media 8 anni e non può essere ricaricata. Se la batteria necessita di essere cambiata si procede con la sostituzione del pacemaker, una procedura simile all’impianto ma di durata più breve ed a più basso rischio, poichè i cateteri non vengono sostituiti. Tipi di Pacemaker Esistono tre tipi di pacemaker che servono per scopi differenti Pacemaker Monocamerale – in questo pacemaker un solo elettrodo è inserito in una camera del cuore. Qualche volta è inserito nella camera superiore (atrio), altre volte nella camera inferiore (ventricolo). Pacemaker Bicamerale – in questo pacemaker gli elettrodi sono inseriti in due camere, uno nell’atrio e l’altro nel ventricolo e stimolano in entrambe le camere. In questo modo si riproduce meglio la naturale attività elettrica del cuore. Questo tipo di pacemaker coordina la funzione degli atri e dei ventricoli e riduce l’incidenza di fibrillazione atriale e di ischemia cerebrale. Pacemaker Rate-Responsive – questi pacemaker hanno sensori che automaticamente cambiano la frequenza di stimolazione in base all’attività fisica del paziente.

Quali sono i vantaggi del pacemaker senza fili per il paziente? Questa tecnologia stravolge completamente il punto di vista del paziente. Comporta una considerevole riduzione dei tempi di impianto, dei tempi di degenza e dei rischi connessi all’intervento. Inoltre non riportando il paziente alcuna cicatrice, nessuna tasca sottocutanea e non avvertendo alcun dispositivo sotto la cute ed avendo di fatto un dispositivo invisibile esternamente, non vive più il timore di essere un cardiopatico e l’impatto psicologico è straordinario. Di fatto passiamo da un portatore di pacemaker a un paziente che è portatore di dispositivo che non percepisce affatto e che ha già da subito dopo l’impianto minori limitazioni in termini di attività fisica poiché essendo tutto interno al cuore è più protetto rispetto a un pacemaker tradizionale. Tecnica di impianto Il nuovo pacemaker senza fili contiene in sé il processore, la batteria e gli elettrodi e viene introdotto utilizzando una tecnica completamente innovativa: non più esternamente al cuore previa incisura, tasca sottocutanea e collegamento a cateteri, bensì introdotto direttamente attraverso il sistema venoso con l’ utilizzo di particolari cateteri introduttori e fissato direttamente nel cuore a livello del setto interventricolare destro. In pratica, un intervento mini-invasivo. La dimissione viene comunemente effettuata entro 24-48 ore dall’impianto. La procedura viene eseguita in anestesia locale e dura circa 30 minuti. La modalità non chirurgica di impianto e l’assenza dei cateteri eliminano quasi completamente il rischio di infezioni e di malfunzionamenti del dispositivo. A quali pazienti è indicato il pacemaker senza fili? A differenza dei sistemi tradizionali, che riescono a stimolare elettricamente tutto il cuore (atrio e ventricolo), i nuovi pacemaker senza fili sono in grado di agire su una sola camera cardiaca (il ventricolo), pertanto attualmente non sono candidabili alla nuova applicazione tutti i pazienti. Il pacemaker senza fili è progettato esclusivamente per l’utilizzo in ventricolo destro ed è pensato per quei pazienti che necessitano di una stimolazione ventricolare monocamerale secondo le attuali linee guida, cioè pazienti affetti da fibrillazione atriale lenta e pazienti affetti da blocchi e bradicardie intermittenti.

Il defibrillatore automatico impiantabile (detto anche ICD) è un apparecchio molto sofisticato che serve a trattare le aritmie ventricolari maligne. Si tratta di un’invenzione relativamente recente, infatti viene utilizzato nella pratica clinica da circa vent’anni. È un piccolo dispositivo elettronico che osserva costantemente tutti i battiti del cuore ed interviene quando rileva un’aritmia grave. In base alle impostazioni programmate dal cardiologo il dispositivo eroga una o più terapie elettriche eseguendo una stimolazione oppure una scarica elettrica (detta anche DC Shock) proprio come i normali defibrillatori esterni presenti negli Ospedali (e come probabilmente tutti hanno visto in televisione nelle serie di ambiente medico). La scarica elettrica è in grado di interrompere anche la più grave aritmia cardiaca (la Fibrillazione Ventricolare) e quindi può salvare la vita al paziente. Il dispositivo è anche in grado di stimolare il cuore quando questo non è in grado di farlo spontaneamente, proprio come un normale pacemaker. Il sistema è composto, di uno o più fili elettrici posizionati nel cuore (elettrocateteri) che trasportano il segnale elettrico dal cuore al defibrillatore e viceversa; gli elettrocateteri sono collegati al defibrillatore vero e proprio che viene posizionato sottocute sul torace del paziente. L’ICD è indicato nei pazienti con aritmie maligne e serve a prevenire la morte improvvisa. I pazienti candidati ad impiantare un tale dispositivo sono coloro che: hanno presentato una aritmia ventricolare o un arresto cardiaco, presentano, per le loro caratteristiche e la loro patologia, un elevato rischio di poter avere una aritmia ventricolare od un arresto cardiaco, come nei pazienti con -frazione di eiezione minore di 35-40%. La frazione di eiezione (F.E.) è la proporzione di sangue pompata dal cuore per ogni battito. Un cuore normale pompa un pò più della metà del suo volume con ogni battito, così che la F.E. normale è maggiore del 55%. Pazienti ad alto rischio per morte improvvisa a causa di una malattia di cuore ereditaria. Un Cardiologo specialista dei disturbi del ritmo (Elettrofisiologo) dovrebbe valutare l’indicazione per l’impianto di un defibrillatore In presenza di una aritmia il dispositivo può intervenire con varie modalità programmate dal Medico a seconda delle necessità del paziente. Stimolazione antitachicardica: se l’aritmia è rapida ma non troppo, il dispositivo può erogare una serie di stimoli non dolorosi ed ad alta frequenza per cercare di interromperla. Defibrillazione: per altri tipi di aritmia l’unico modo per tentare di interrompere l’aritmia è erogare uno shock elettrico ad alta energia. La maggior parte dei pazienti sviene o perde conoscenza durante queste aritmie per cui non avverte la scarica. Quelli che non svengono avvertono un dolore improvviso ma di breve durata al centro del petto. Stimolazione antibradicardica: il sistema stimola il cuore quando questo non è in grado di farlo spontaneamente, proprio come un normale pacemaker. Solitamente il paziente non avverte questo tipo di stimolazione, così come avviene nei pazienti portatori di pacemaker. I controlli E’ necessario che il paziente portatore di ICD sia sottoposto a periodici controlli (in genere ogni sei mesi) per verificare il corretto funzionamento del dispositivo ed il livello di carica delle batterie. Il Cardiologo-elettrofisiologo stabilirà le modalità ed il calendario dei controlli in base alle necessità del paziente. In caso di intervento del dispositivo non è necessario che il paziente si allarmi: con ogni probabilità l’ICD è intervenuto per interrompere una aritmia ed ha salvato la vita al paziente stesso. Se si è trattato di 1 solo intervento ed il paziente non presenta sintomi particolari, è opportuno che contatti il Centro presso cui è seguito ed esegua un controllo entro 48 ore; il dispositivo fornirà al cardiologo le informazioni relative all’intervento, permettendo di verificarne l’adeguatezza ed il corretto funzionamento. Il defibrillatore ha anche una memoria che conserva la registrazione dell’Elettrocardiogramma dei momenti in cui si verifica un’alterazione del ritmo. Con queste informazioni, l’Elettrofisiologo (cardiologo specialista dei disturbi del ritmo) può studiare l’attività elettrica del cuore e approfondire i sintomi riferiti dal paziente. Se si verificano interventi ripetuti e se il paziente avverte sintomi importanti oppure se avverte un’aritmia e l’ICD non interviene, è opportuno che venga controllato presso il più vicino Ospedale, in quanto il dispositivo potrebbe funzionare in modo inappropriato o potrebbe essere cambiata la situazione della sua malattia cardiaca. La sostituzione del generatore Quando il livello di carica della batteria (controllato ai periodici controlli sempre più ravvicinati man mano che la batteria si avvicina alla fase di esaurimento) raggiungerà un determinato livello denominato ERI, il cardiologo-aritmologo stabilirà quando eseguire la sostituzione dell’ICD con un nuovo dispositivo. Tale intervento è più semplice dell’impianto in quanto si utilizzano i cateteri precedentemente impiantati; è pertanto necessario semplicemente aprire la tasca di alloggiamento del pacemaker, sconnettere il generatore e sostituirlo con uno nuovo.

Il defibrillatore sottocutaneo è un dispositivo medico pensato per prevenire la morte cardiaca improvvisa. A differenza di un ICD transvenoso (convenzionale), in cui gli elettrocateteri sono inseriti nel cuore attraverso una vena e collegati alla parete cardiaca, l’elettrocatetere dell’ICD Sottocutaneo viene posizionato sottopelle anziché nel cuore, lasciando intatti cuore e vene. Il dispositivo è inserito sotto la cute in regione ascellare e l’elettrodo è inserito sempre nel sottocute in regione sternale del torace, anteriormente. A differenza degli impianti transvenosi di ICD convenzionali, i defibrillatori sottocutanei presentano rischi di complicazioni sensibilmente inferiori ed anche l’operazione per il loro impianto risulta meno invasiva. Il defibrillatore sottocutaneo è un dispositivo automatico che è in grado di riconoscere autonomamente le anomalie nel battito cardiaco e quando rileva un ritmo cardiaco pericolosamente accelerato, rilascia scariche elettriche (shock) salvavita per ripristinarne il ritmo normale PRO DELL’ICD Sottocutaneo: fornisce una protezione affidabile contro la morte improvvisa lasciando intatti cuore e vasi sanguigni. Si evitano cosi le complicanze tipiche, come infezioni sistemiche e la necessità di rimuovere o estrarre gli elettrocateteri nel cuore per usura, rottura o infezioni. Minori limiti fisici: a dispetto delle dimensioni, la scatola dell’ICD Sottocutaneo infatti è più grande di quella di un ICD transvenoso, l’ICD Sottocutaneo non dovrebbe limitare i movimenti (del braccio) poiché non viene impiantato sotto la clavicola. CONTRO DELL’ICD Sottocutaneo: Nessuna stimolazione: i pazienti che presentano bradicardia (una frequenza cardiaca rallentata), tachicardia ventricolare spontanea ricorrente trattata in modo affidabile con una stimolazione anti-bradicardica (ATP) in genere traggono più benefici da un ICD transvenoso tradizionale con funzione di stimolazione. L’ICD Sottocutaneo non fornisce una terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) In conclusione il defibrillatore sottocutaneo è una valida alternativa terapeutica solo in alcune categorie di pazienti a rischio di morte improvvisa.

Questi particolari pacemaker (PM) e defibrillatori (ICD) permettono in pazienti selezionati una particolare modalità di stimolazione (detta Biventricolare o terapia di Resincronizzazione Cardiaca) che aiuta il cuore a migliorare la funzione di pompa. Nel cuore normale, il sistema di conduzione elettrico diffonde l’impulso al ventricolo sinistro in una sequenza altamente organizzata e la contrazione che pompa il sangue fuori dal ventricolo è molto efficiente. In alcuni pazienti con scompenso cardiaco causato da cardiopatia dilatativa (dilatazione del cuore), viene meno questa coordinazione elettrica. Una funzione cardiaca non coordinata porta ad una inefficiente eiezione di sangue dai ventricoli. Nei pazienti con Scompenso Cardiaco che hanno un ritardo dell’attivazione elettrica nelle camere ventricolari, una condizione chiamata Blocco di Branca, la stimolazione Biventricolare coordina la contrazione ventricolare (Resincronizzazione cardiaca). Viene in questi casi impiegato un catetere in più, in modo da poter stimolare contemporaneamente i due ventricoli e rendere l’attività contrattile più omogenea e sincronizzata. Con la stimolazione Biventricolare (Resincronizzazione Cardiaca) si stimolano il ventricolo sx e quello dx simultaneamente, si resincronizza la contrazione muscolare e migliora l’efficienza di un cuore debole. Tale terapia si è dimostrata efficace nel ridurre i sintomi dello Scompenso Cardiaco e potrebbe aumentare la sopravvivenza di tali pazienti. – aumento delle attività quotidiane che il paziente riesce a svolgere senza avere sintomi di scompenso cardiaco. – miglioramento della qualità della vita. – cambiamenti nell’anatomia del cuore che ne aumentano la funzione. – riduzione della necessità di ricovero per scompenso.

bottom of page